Le falsi Decretali - La donazione di Costantino - La lettera a Pipino re dei Franchi

Le false decretali (o decretali pseudo-isidoriane)

Le false decretali sono formate da una collezione di decreti di un certo numero di papi (da Clemente I a Gregorio II) e di concilii su punti dottrinali e di disciplina che avevano come scopo quello di ingrandire e sostenere l’autorità papale. Furono fatte da un certo Isidoro Mercatore ma furono falsamente attribuite a Isidoro vescovo di Siviglia. Introdotte nel nono secolo, di esse fece uso per la prima volta l’ambizioso Nicola I (858-867) per provare la sua autorità pontificia. 

Da queste decretali risultava che il papa ha la supremazia su tutti i vescovi, che i vescovi posti sotto accusa hanno il diritto di appellarsi al papa, che il papa ha la ‘piena potestà’ sulla Chiesa, che la chiesa di Roma, in base ad un unico privilegio, ha il diritto di aprire e chiudere le porte del paradiso a chi essa vuole. Queste decretali furono riconosciute false dalla chiesa cattolica romana nel 1789 per mezzo di Pio VI, ma rimane il fatto che fino a quando non vennero riconosciute false furono dichiarate autentiche e che nel medioevo contribuirono ad accrescere l’autorità papale. Dunque il papato che noi oggi vediamo si è formato anche con l’aiuto di questi falsi documenti.


La donazione di Costantino

Eccoci ad un altra impostura papale, la cosiddetta donazione di Costantino che servì ai papi per rivendicare l’aumento di terri­tori, l’autonomia politica e il predominio sull’Occidente. Questo documento (che costituisce una parte delle decretali prima citate), redatto secondo alcuni sotto il pontificato di Stefano II (752-757), comparve verso la metà del secolo nono e per tutto il medioevo fu ritenuto genuino. Fu dimostrato falso dall’umanista Lorenzo Valla, un assistente del papa, nel 1440. 


Vediamo in breve il contenuto di questo falso: nel 314 un prete di nome Silvestro fu consacrato vescovo di Roma. In quel tempo l’imperatore Costantino aveva bandito la persecuzione contro i Cristiani e lo stesso Silvestro era dovuto fuggire e rifugiarsi in una grotta nei pressi del monte Soratto. Qui lo raggiunse la notizia che l’imperatore era stato colpito dalla lebbra. L’imperatore malato di lebbra fu allora consigliato dai maghi dell’impero di immergersi in una vasca piena di sangue spremuto dal ventre di bambini appena nati, ma egli rifiutò di accettare il loro consiglio. Ed in quella stessa notte vide in sogno Pietro e Paolo che gli diedero l’indirizzo di Silvestro. L’imperatore, credendo che fosse un medico, lo mandò a chiamare, e Silvestro arri­vato presso di lui gli parlò della fede cristiana e lo battezzò nel palazzo Lateranense. Quando l’imperatore riemerse dalla vasca nella quale era stato calato era completamente guarito. La persecuzione allora fu da lui fatta cessare e il cristianesimo reso religione ufficiale dell’impero. Quando poi Costantino abbandonò Roma per recarsi a Bisanzio, lasciò la giurisdizione civile dell’Occidente a Silvestro e successivamente riconobbe la supre­mazia del vescovo di Roma sui patriarcati di Alessandria e Anti­ochia, Gerusalemme e Costantinopoli. Il pontefice ottenne pure il manto purpureo, lo scettro e la scorta a cavallo. Ciò gli confe­riva l’autorità temporale sull’impero d’Occidente e lo rendeva indipendente da quello d’Oriente.



La lettera di Stefano II a Pipino re dei Franchi
Quando Astolfo, re dei Longobardi, assediò Roma attorno alla metà dell’ottavo secolo l’allora papa Stefano II (752-757) chiese aiuto ai Franchi affinché venissero a liberare Roma dai Longobardi. In una lettera diretta al re dei Franchi Pipino, egli scrisse a nome dell’apostolo Pietro. Ecco le parole: ‘Io Pietro, apostolo di Dio, che vi tengo per miei figli adottivi per difendere dalle mani dei nemici questa città di Roma e il popolo affidatomi da Dio e il tempio in cui riposa il mio corpo, vi scongiuro a strap­pare dalla contaminazione delle genti e a liberare la Chiesa di Dio a me affidata dalla divina potenza soprattutto per le gravi afflizioni che soffriamo da parte della pessima razza dei Longo­bardi’. [1] Ogni confutazione è superflua.
[1] L’abate Muratori così si espresse a riguardo di questa lettera: ‘Certamente nulla è più 
capace di travolgere le nostre idee e di farci nascere in mente delle dolci e strane immaginazioni, che la sete e l’amore di beni temporali innata in noi tutti’ 


Tratto da:
G.Butindaro, La Chiesa Cattolica Romana
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