La salvezza: per opere o per grazia?



È per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere, affinché nessuno se ne vanti. (Efesini 2:8)

Abbiamo sempre la tendenza a distoglierci dalla grazia che Dio ci propone. Strano atteggiamento, perché accettandola non abbiamo nulla da perdere e tutto da guadagnare. In realtà è l'orgoglio che porta a respingere la grazia; accettare quest'ultima sottintende che riconosciamo di essere dei peccatori perduti.

Chi è ammaestrato dalla Parola di Dio scopre tutta la propria nudità morale e riconosce la propria colpevolezza. Non soltanto questo, però! Impara anche che la grazia e la verità sono venute verso di lui nella persona di Gesù Cristo.

Dio, spinto dal suo amore, ha mandato il suo Figlio verso gli uomini perché fosse il loro Salvatore. La salvezza che offre è assolutamente completa. Dio è perfetto, e non sarebbe soddisfatto se quelli che Egli salva non fossero resi perfetti. Se abbiamo colto qualche cosa delle ricchezze della sua grazia ricevendo una così grande salvezza, non cerchiamo più di migliorare il nostro "io" incorreggibile che è stato crocifisso con Cristo alla croce.

Voler aggiungere a questa salvezza qualche merito, con degli obblighi, delle regole e dei precetti, equivarrebbe a mancare di fede e a misconoscere Dio. Il vecchio "io" egoista e pretenzioso ci è presentato, nella Bibbia, come crocifisso e sepolto con Cristo.


Accettiamo questa dichiarazione della Scrittura e, credendo al Vangelo, lasciamo questo vecchio "io" nella morte per vivere pienamente la vita nuova, coscienti della nostra relazione filiale con Dio, che ci ama.




Una giusta ed armoniosa relazione col Signore non comincia mai col fare qualche cosa, ma col credere in qualcuno e in qualcosa che è già stato fatto. Infatti, da Cristo in poi, la vita e la salvezza sono contenute in una notizia da accogliere nel cuore. La salvezza è un annuncio, è qualcosa da conoscere, ed è proprio il Vangelo che ci fa conoscere la meravigliosa notizia che non c'è più condanna per qualsiasi peccatore che si ravvede e crede nel Signore Gesù!

Gesù stesso ha sintetizzato la vita eterna con queste parole: "
Questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo" (Giovanni 17:3).

Il Signore ci annuncia nelle Scritture che Egli stesso ha fatto la pace con noi peccatori rimuovendo il peccato. Questo, Egli lo ha fatto di Sua iniziativa, senza coinvolgerci nell'azione. Ora, ci offre la pace, il perdono e la salvezza alla sola condizione che noi l'accettiamo. 


Infatti, il nocciolo del Vangelo è un invito a riconoscere la nostra condizione di peccatori davanti a Dio, e a riconciliarci con Lui mediante il sacrificio del Suo Figlio. Paolo infatti scrive: "
E tutto questo viene da Dio che ci ha riconciliati con sé per mezzo dì Cristo... Infatti Dio riconciliava con sé il mondo per mezzo di Cristo non imputando agli uomini le loro colpe" (2 Corinzi 5:18-19).

Questo ha fatto il Signore, e ce lo fa sapere perché approfittiamo di questo Suo grande amore ed entriamo per fede in questa salvezza gratuita. Ma l'apostolo prosegue il suo messaggio indicando la nostra parte nel problema: "Vi supplichiamo nel nome di Cristo: siate riconciliati con Dio" (2 Corinzi 5:20). 

Cioè, come Dio si è riconciliato con voi, facendone pagare il caro prezzo al Suo Figlio, ora voi, riconciliatevi con Lui, col vostro cuore, umiliandovi, riconoscendo la vostra malvagità e corruzione, ma ponendo fede in ciò che Egli ha detto, e cioè che chi crede in Lui, non è più condannato, ma ha la vita eterna, perché così ha voluto il Signore.


Ecco perché tutto è contenuto nel messaggio del Vangelo, perché esso è la grande notizia della salvezza gratuita per ciascuno di noi, notizia di cui tutti gli uomini hanno diritto di venire a conoscenza. Gesù parlando della salvezza che era venuto a portare disse: "Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Giovanni 8:31-32).




È per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti; infatti siamo opera sua, essendo stati creati in Cristo Gesù per fare le opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo. 
(epistola di Paolo agli Efesini 2:8-10)

A che serve, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? (epistola di Giacomo 2:14)

Non c'è alcuna contraddizione tra le parole dell'apostolo Paolo e quelle di Giacomo. Il primo ha in vista la salvezza nella sua radice, il secondo nei suoi frutti. Paolo spiega che la fede è l'opera di Dio che produce una vita nuova; Giacomo spiega che le opere sono una prova dell'esistenza di questa nuova vita.


Si può abusare della fede tanto quanto delle opere: facendo della fede un guanciale di sicurezza, e delle opere "meritevoli" un falso appoggio. Giacomo combatte la prima di queste tendenze e Paolo la seconda.

Entrambi gli insegnamenti sono necessari. Occorre anche in ogni credente ci siano l'uno e l'altro, a seconda della vita distorta che siamo tentati d'imboccare. Se ci capita di guardare con compiacimento a quello che abbiamo fatto e di gloriarci delle nostre opere, o di confidare in qualche misura nella nostra religiosità, Paolo ci ricorda che "l'uomo è giustificato mediante la fede, senza le opere della legge" (Romani 3:28).


E se ci capita di fare appello ai meriti di Cristo passivamente, con un atteggiamento ozioso e sterile, sarà Giacomo a ripeterci:"vedete che l'uomo è giustificato per opere e non per fede soltanto" (Giacomo 2:24).

Così abbiamo i due insegnamenti per controllare e dirigere la nostra vita cristiana. Paolo e Giacomo, lungi dal contraddirsi, si completano. Ascoltiamoli tutti e due insieme.




Ma l'ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché il Padre cerca tali adoratori(Giovanni 4:23)

La maggior parte delle religioni consiste in cerimonie e opere che bisogna obbligatoriamente compiere per piacere all'Essere supremo e per soddisfare la sua giustizia. È per questo che i pagani portavano, e portano ancora oggi, delle offerte ai loro idoli per renderseli favorevoli alle loro richieste. Ma non è per tali ragioni o interessi che noi cristiani rendiamo un culto a Dio Padre e al Suo Figlio Gesù Cristo.

Non Lo adoriamo per essere salvati, liberati o protetti, ma perché L'amiamo. Noi uomini non possiamo fare nulla per la nostra salvezza. La nostra natura in Adamo non è in grado né di amare Dio, né di piacerGli. È Lui che ha fatto tutto, donandoci Suo Figlio Gesù, il salvatore! Il culto che offriamo a Dio è semplicemente l'espressione della nostra riconoscenza e obbedienza, l'occasione di ringraziare e di celebrare la Sua grandezza e il Suo amore per noi.

Insistiamo su questa differenza fondamentale fra il vero culto e ciò che si intende generalmente per religione. L'uomo vuol fare e portare qualcosa, e pensa che Dio ne terrà conto perdonandolo e occupandosi di lui. Ma bisogna ben capire che Dio è Colui che per primo ci ha donato grazia (cfr. Romani 5:8), e a noi tocca renderGli grazie per ciò che Lui è, e per ciò che ha fatto per noi. 

Il nostro amore, che esprimiamo attraverso la lode e l'adorazione, è una risposta al Suo amore. Come dice 1 Giovanni 4:19: "Noi l'amiamo perché Egli ci ha amato per primo".

L'amore, naturalmente, deve anche esprimersi nell'ubbidienza a Dio e nel nostro modo di vivere e di agire ogni giorno della nostra vita, altrimenti la nostra fede è morta (vedi Giacomo 2:17 e seguenti). Dio vuole da noi TUTTO il nostro cuore: "Figliuol mio, dammi il tuo cuore, e gli occhi tuoi prendano piacere nelle mie vie" (Prov. 23:26).

La vera fede è una fede operante: non semplicemente credere, ma agire di conseguenza; così come non basta credere che Dio esista, ma bisogna riconoscersi peccatori, rivolgersi al Signore e accettare in dono la salvezza, la giustificazione, che si riceve solo per fede in Cristo Gesù (Galati 2:16).

"Egli ci ha salvati e ci ha rivolto una santa chiamata, non a motivo delle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la grazia che ci è stata fatta in Cristo Gesù fin dall'eternità" 
(2 Timoteo 1:9).

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Spiegazione delle parole di Giacomo sul valore delle buone opere

Innanzi tutto, a chi stava scrivendo Giacomo? A dei credenti (verso 2:1), a persone che avevano già creduto nel sacrificio di Gesù, e che quindi erano giustificati e salvati per fede. Si noti che Giacomo non ha detto affatto che la salvezza si ottiene mediante le opere o che l'uomo peccatore viene perdonato o riceve la vita eterna in virtù delle sue opere buone; attribuire questo significato alle sue parole significherebbe dire che Giacomo aveva sovvertito l'Evangelo perché costringeva i Gentili a giudaizzare. Infatti:
"L'uomo non è giustificato per le opere della legge ma lo è soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù" (Galati 2:16).
Perché allora Giacomo disse "per opere e non per fede soltanto"? Perché alcuni di quei credenti a cui stava scrivendo, pur avendo fede in Gesù, rifiutavano di compiere le opere buone, pensando che la loro fede sarebbe stata sufficiente. Così, invece di vivere una vita di fede sincera, si limitavano a dire di credere, e al tempo stesso anziché fare il bene vivevano nel peccato (si legga Giacomo 4:1-4).

Rifiutare di compiere opere buone, vivere nel peccato, e al tempo stesso dire di "avere fede", di essere cristiani, porta il nostro prossimo a biasimare il Signore a causa nostra: "Per causa vostra il nome di Dio è bestemmiato fra i Gentili" (Romani 2:24).

Questo è il motivo per cui Giacomo li rimproverò, dicendo: "A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo?" (Giacomo 2:14), e anche: "Ma vuoi tu, o uomo vano, conoscere che la fede senza le opere non ha valore?" (Giacomo 2:20). Se uno dice di avere fede, cioè di aver creduto in Gesù, ma quella fede non porta frutto, non produce opere, la sua fede non ha valore (v. 2:17).

È lo stesso che nelle parole di Gesù in Matteo 25:34 e seguenti. Quelli che hanno avuto fede sincera nell'opera di Gesù e sono stati rinnovati nella nuova nascita, hanno speso la loro vita nell'amore del Signore e del loro prossimo. I tanti che invece "dicono" di credere ma hanno una fede morta, una fede che non li porta ad amare il prossimo e non li porta a onorare il Signore, vengono scacciati dalla presenza del Signore.

A questo punto completiamo il quadro leggendo anche gli altri insegnamenti apostolici.

In 2 Timoteo 1:9 è scritto: "Egli ci ha salvati e ci ha rivolto una santa chiamata, non a motivo delle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la grazia che ci è stata fatta in Cristo Gesù fin dall'eternità".

In Romani 3:20 e Galati 3:11 è scritto che nessuno sarà giustificato mediante le opere.

Galati 2:16 dice che "L'uomo non è giustificato per le opere della legge ma lo è soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù".
Efesini 2:8-10 è ancora più chiaro:
"Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti; infatti siamo opera sua, essendo stati creati in Cristo Gesù per fare le opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo."
Dunque, la Bibbia dice chiaramente che:
  • si può essere salvati solo per grazia, mediante la fede in ciò che Gesù ha fatto per noi sulla croce;

  • la salvezza non è assolutamente per opere;

  • come conseguenza della salvezza, dobbiamo portare come frutto le opere buone che Dio stesso ha preparato perché le pratichiamo;

  • la nostra salvezza deve essere basata unicamente sul sacrificio di Gesù per ciascuno di noi, senza i nostri meriti personali; l'apostolo esprimeva bene l'idea di salvezza che ogni credente deve avere: "di essere trovato in Lui non con una giustizia mia, derivante dalla legge, ma con quella che si ha mediante la fede in Cristo: la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede", Filippesi 3:9).
Infatti, sebbene le buone opere sono una cosa spontanea per un cristiano, non dobbiamo commettere l'errore di basarci in qualche misura sull'osservanza delle opere per la nostra salvezza, altrimenti per quanto ci riguarda Cristo è morto inutilmente:
"Se la giustizia si ottenesse per mezzo della legge, Cristo sarebbe dunque morto inutilmente.
Questo soltanto desidero sapere da voi: avete ricevuto lo Spirito per mezzo delle opere della legge o mediante la predicazione della fede? Siete così insensati? Dopo aver cominciato con lo Spirito, volete ora raggiungere la perfezione con la carne?
"
 (Galati 2:21-3:2)
Riassumendo, se diciamo di credere e poi viviamo come prima, secondo la carne, senza portare frutto al Signore, la realtà della nostra fede è in dubbio; il peccatore che accetta Gesù come suo salvatore, viene salvato e riceve una nuova vita e una nuova natura: "nasce di nuovo". Tutte le sue priorità cambiano immediatamente, i suoi desideri sono volti al Signore, il suo cuore si strugge per far conoscere agli altri l'amore di Dio per loro... la vera fede produce tutto questo. "Quello che vale è la fede operante per mezzo dell'amore" (Galati 5:6).

La vera fede ci spinge ad operare, guidati dall'amore del Signore. La fede morta invece è la fede dei tanti che dicono di credere in Dio, ma vivono la loro vita come se Dio non esistesse.
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Spiegazione dell'esempio di Giacomo riguardo alle opere di Abramo. a cura di G. Butindaro

Giacomo ha fatto l'esempio di Abramo per spiegare come il patriarca fu giustificato per le sue opere e non per la sua fede soltanto. Ora, per evitare malintesi cominciamo col dire che Abramo, secondo ciò che dice la Scrittura, quando credette alla promessa fattagli da Dio la sua fede gli fu messa in conto di giustizia secondo che è scritto: "Ed egli credette all'Eterno, che gli contò questo come giustizia" (Gen. 15:6), quindi lui ricevette il perdono dei suoi peccati mediante la sua fede, per grazia. Non fece nessuna opera meritoria od opera buona per ottenere la giustizia, perché pure lui fu giustificato da Dio mediante la fede.

Difatti Paolo dice che "se Abramo è stato giustificato per le opere, egli avrebbe di che gloriarsi; ma dinanzi a Dio egli non ha di che gloriarsi" (Rom. 4:2) perché la Scrittura dice che egli credette a Dio e questa sua fede gli fu messa in conto di giustizia. Quindi, Abramo ebbe fede in Dio, ma il patriarca dimostrò di avere fede in Dio sia quando credette con il suo cuore nella promessa che Dio gli aveva fatto e sia quando offrì il suo figliuolo Isacco sull'altare come gli aveva ordinato di fare Dio. Voi sapete infatti che dopo diversi anni da che Abramo aveva creduto, Dio mise alla prova Abramo ordinandogli di andare su un monte e offrire in olocausto il suo figliuolo Isacco. E Abramo ubbidì a Dio, ritenendo che Dio lo avrebbe risuscitato dai morti per adempiere a suo riguardo la promessa che aveva fatto (cfr. Ebr. 11:17-19).

Quindi egli credette che avrebbe ricuperato il suo figliuolo mediante una risurrezione, e che non lo avrebbe perduto perché Dio doveva mantenere le promesse fattegli. E per questa sua fede egli piacque a Dio infatti quando egli stava per compiere il sacrificio, l'angelo di Dio gli disse: "Non metter la mano addosso al ragazzo, e non gli fare alcun male; poiché ora so che tu temi Iddio" (Gen. 22:12) e gli giurò pure per se stesso che lo avrebbe benedetto e gli avrebbe moltiplicato la progenie come le stelle del cielo. Giacomo dice che Abramo fu giustificato per opere quando offrì il suo figliuolo e questo è vero perché Abramo mediante quell'opera che compì dimostrò di temere Dio e di credere fermamente nella sua promessa.

Quindi possiamo dire che Abramo dimostrò con i fatti la fede che egli aveva in Dio; e per questo fu chiamato amico di Dio. Come Abramo pure noi che abbiamo creduto saremo chiamati amici di Cristo se facciamo ciò che egli ci comanda di fare secondo che é scritto: "Voi siete miei amici, se fate le cose che io vi comando" (Giov. 15:14); ma se noi diciamo di credere in Cristo Gesù e poi rifiutiamo di osservare le sue parole come potremo dimostrare di credere in lui e pretendere di essere chiamati amici di Cristo e di Dio? Ci metteremmo allo stesso livello di tante persone del mondo che si dicono Cristiani, dicono di credere in Gesù, ma essendo incapaci di compiere qualsiasi opera buona dimostrano di non credere in lui.

Come la fede di Abramo fu resa compiuta mediante le sue opere, così anche la nostra fede sarà resa compiuta dalle nostre opere buone. L'apostolo Pietro spiega questo concetto nella sua seconda epistola in questa maniera: "Facendo queste cose, non inciamperete giammai, poiché così vi sarà largamente provveduta l'entrata nel regno eterno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo" (2 Piet. 1:10,11). Quali cose? Quelle di cui lui ha parlato poco prima: cioè aggiungendo alla fede la virtù, la conoscenza, la continenza, la pazienza, la pietà, l'amore fraterno e la carità (cfr. 2 Piet. 1:5-7).

Quindi anche Pietro credeva che aggiungendo alla nostra fede le opere buone (difatti la pietà, l'amore fraterno e la carità come si manifestano nella pratica se non facendo opere buone nei confronti di quelli di dentro prima e poi di quelli di fuori?) ci sarà provveduta l'entrata nel regno di Dio, o detto in un altra maniera renderemo sicura la nostra vocazione ed elezione.

Riflettiamo: perché dopo avere creduto si sente la necessità di compiere opere buone? Sì, si è sicuri di essere stati perdonati dal Signore, sì, si é sicuri di essere dei figliuoli di Dio, di avere la vita eterna; ma nonostante ciò in noi è sorto il grande desiderio di darci da fare per rendere sicura la nostra elezione, perché sentiamo che dicendo solo di credere senza fare nulla a pro dei santi alla gloria di Dio, non renderemmo ferma la nostra elezione.

E poi va sempre tenuto presente che le opere buone spingono il prossimo, che ce le vede compiere, a glorificare Iddio infatti Gesù disse: "Così risplenda la vostra luce nel cospetto degli uomini, affinché veggano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è ne' cieli" (Matt. 5:16); e quindi costituiscono una maniera per onorare Dio e la sua dottrina.

Al contrario il rifiutare di compiere opere buone porta il nostro prossimo a biasimare il nome di Dio e la sua dottrina secondo che è scritto: "Per cagione vostra il nome di Dio è bestemmiato fra i Gentili" (Rom. 2:24).

Per concludere diciamo questo: la fede ha bisogno delle opere buone per essere compiuta, ma questo non significa che la fede non è sufficiente per essere giustificati perché la Scrittura afferma che "l'uomo non è giustificato per le opere della legge ma lo è soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù" (Gal. 2:16).

Lungi da noi perciò il metterci a fare come fecero i credenti della Galazia che dopo avere cominciato con lo Spirito volevano raggiungere la perfezione con la carne, dopo avere accettato Cristo vi avevano rinunciato perché volevano essere giustificati per la legge (cfr. Gal. 5:4), il che fece indignare e preoccupare Paolo che li ammonì severamente e disse loro che era di nuovo in doglie per loro finché Cristo fosse formato in loro (cfr. Gal. 4:19).

Fratelli, badate a voi stessi, e tenete sempre presente che cercare di volere essere giustificati per le opere è un offesa nei confronti di Cristo perché si annulla la sua opera espiatoria. Siate zelanti nelle opere buone ma non pensate che esse possano aggiungere alcunché ai meriti di Cristo come purtroppo fanno i Cattolici romani.


Fonte: camcris.org



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