IL PAPATO - La dottrina dei teologi papisti

La dottrina dei teologi papisti
Il papa è il successore di Pietro, e quindi il capo visibile della Chiesa di Cristo. Egli ha tra gli altri poteri, quello di fare santo qualcuno morto in fama di santità, di aprire il regno dei cieli e di chiuderlo a chi vuole perché ne possiede le chiavi, e quando definisce dottrine in materia di fede e di morale è infallibile.
‘Il Papa è il successore di san Pietro nella sede di Roma e nel primato, ossia nell’apostolato ed episcopato universa­le; quindi il capo visibile,Vicario di Gesù Cristo capo invisi­bile, di tutta la Chiesa, la quale perciò si dice Cattolica-Romana’. [1]
Egli viene definito vescovo universale perché Gesù disse a Pietro di pascere i suoi agnelli, le sue pecorelle e le sue pecore; [2]

capo della Chiesa e principe degli apostoli perché Gesù disse sempre a Pietro: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”.
 [3]


Oltre a questi passi i teologi papisti ne prendono degli altri
, che citeremo e spiegheremo in appresso, per sostenere il primato di Pietro. 
Ma perché viene detto che proprio lui, il 'vescovo' di Roma, e non un altro vescovo di un’altra città, è il successore di Pietro, e quindi il capo della Chiesa? Perché – dice la tradizione papista – Pietro venne a Roma, vi fondò la Chiesa, la pasturò per più di venti anni lasciando poi il suo ministero ai suoi successori. 
Sempre quest’uomo viene chiamato padre santo, ha il potere di dichiarare santo qualcuno che è morto ed ha le chiavi del regno dei cieli.
Il papa viene definito anche infallibile quando parla ‘ex-cattedra’. Ecco cosa dice il catechismo a tale riguardo: ‘Il Papa, da solo, non può errare nell’insegnarci le verità rivelate da Dio, ossia è infallibile come la Chiesa (quando da Pastore e Maestro di tutti i cristiani, definisce dottrine circa la fede ed i costumi)’. [4] 
L’infallibilità papale fu dichiarata dogma dal concilio Vaticano I nel 1870 in questi termini: ‘Noi insegniamo, e definiamo essere dogma divinamente rivelato che il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando, adempiendo il suo ufficio di pastore e maestro di tutti i cristiani, in virtù della sua suprema autori­tà apostolica, definisce che una dottrina riguardante la fede o i costumi dev’essere ritenuta da tutta la chiesa, per quell’assistenza divina che gli è stata promessa nel beato Pietro, gode di quella infallibilità, di cui il divino Redentore ha voluto dotata la sua chiesa, allorché definisce la dottrina riguardante la fede o i costumi. Quindi queste definizioni sono irreformabili per virtù propria, e non per il consenso della chiesa. [5] Se poi qualcuno – Dio non voglia! – osasse contraddire questa nostra definizione; sia anatema’. [6]

[1] Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 198
[2] Cfr. Giov. 21:15-18
[3] Matt. 16:18
[4] Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 207
[5] Anteriormente al concilio Vaticano I molti Cattolici negavano l’infallibilità papale. Per esempio, negli Stati Uniti prima del Vaticano I era stato pubblicato il libro Controversial Catechism che recava l’Imprimatur dell’arcivescovo di New York, Hughes, in cui c’era la seguente domanda con la relativa risposta: ‘Domanda: i cattolici non devono credere che il papa è infallibile? Risposta: è un invenzione dei protestanti, e non un dogma della fede cattolica; nessuna sua decisione può essere vincolante sotto pena di eresia, a meno che non sia accolta ed applicata dal corpo dottrinale, cioè dai vescovi della Chiesa’. Questa domanda fu soppressa dal Catechism nell’edizione successiva. La ragione è evidente, dopo il Vaticano I l’infallibilità papale non era più un invenzione dei Protestanti ma un dogma cattolico da accettare per forza, sotto pena di scomunica.
[6] Concilio Vaticano I, Sess. IV, cap. IV. A proposito della votazione di questo dogma va detto che alla vigilia della votazione centocinquantacinque vescovi dell’opposizione lasciarono Roma in segno di protesta, dopo avere sottoscritto una dichiarazione in cui affermavano che, in segno di rispetto per il papa, preferivano astenersi dalla votazione pubblica anziché pronunziare dinanzi al papa il non placet. Alla votazione poi tra i 535 cosiddetti padri presenti 533 votarono a favore dell’approvazione del dogma mentre 2 (il cardinale americano Kenrick e quello italiano Guidi) dissero non placet.

Tratto da:
G.Butindaro, La Chiesa Cattolica Romana
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